Violenza Domestica

Fabrica di Roma, condannato per maltrattamenti l’uomo accusato dell’omicidio del cognato

Dumitriel Daniel Ene, già in carcere per omicidio preterintenzionale, ha ricevuto una pena di cinque anni e mezzo per violenze sulla compagna

Fabrica di Roma, condannato per maltrattamenti l’uomo accusato dell’omicidio del cognato

Dumitriel Daniel Ene, un uomo di 33 anni già detenuto con l’accusa di omicidio preterintenzionale, è stato condannato a cinque anni e mezzo di reclusione per maltrattamenti e lesioni aggravate ai danni della sua compagna, fatti avvenuti a Fabrica di Roma e Vallerano. La sentenza è arrivata a seguito delle indagini che hanno fatto luce su una serie di episodi di violenza, culminati con l’aggressione al cognato, Valentin Ionut Crisan, deceduto dopo aver cercato di difendere la sorella.

La sentenza per maltrattamenti e lesioni aggravate

La pm Aurora Mariotti aveva richiesto una pena di sette anni per Ene, contestando diversi episodi di maltrattamento e lesioni aggravate, inclusa la circostanza che la compagna fosse incinta. Tra gli episodi contestati, spicca quello del 21 giugno 2024, quando Ene picchiò la compagna, incinta al quarto mese, provocandole un ematoma al volto durante un viaggio tra Fabrica di Roma e Vallerano. Il movente della lite sarebbe stato legato alla perdita di 140 euro alle slot machine.

In aula, prima della sentenza emessa dal collegio del tribunale di Viterbo presieduto dal giudice Jacopo Rocchi, Ene ha rilasciato dichiarazioni spontanee, cercando di fornire una sua versione dei fatti: “Litigavamo spesso perché io le avevo detto di volermene andare da casa e tornare dai miei. Il 21 gennaio abbiamo litigato mentre eravamo in auto. Guidava lei, ha frenato di colpo e si è fatta male sbattendo la faccia sul volante. Così l’ho sciacquata con l’acqua di una bottiglietta e mi sono messo alla guida”. L’uomo ha anche espresso dispiacere per la morte del cognato, ma il tribunale ha interrotto il suo intervento poiché non pertinente al procedimento in corso.

La testimonianza della madre e le indagini dei carabinieri

La madre della vittima e della compagna di Ene, una donna di 56 anni, ha testimoniato in aula, descrivendo un quadro di violenze silenziose: “Dei maltrattamenti – afferma – mia figlia non mi ha mai detto nulla direttamente ma vedevo i segni delle percosse e gli occhi gonfi, nonostante gli occhiali da sole. Inoltre, non poteva incontrarla e sentirla quando volevo. Lui non lo permetteva, rispondendo anche al suo telefono e dicendo che era con lui che dovevo parlare”.

Le indagini dei carabinieri hanno fornito ulteriori dettagli sui maltrattamenti. Un militare del Norm di Civita Castellana ha raccontato che il 21 gennaio sono intervenuti a Vallerano a seguito di segnalazioni di un’auto che zigzagava con una donna sanguinante a bordo. Un testimone ha riferito di aver visto Ene costringere la compagna a risalire in auto dopo che aveva tentato di fuggire. Il carabiniere ha aggiunto che la donna, in lacrime e tremante, ha dichiarato di aver paura perché il compagno l’aveva minacciata di morte, anche con un coltello alla gola. La donna presentava ecchimosi al volto, e sono state trovate tracce di sangue nell’auto. A causa del rischio di suicidio da parte dell’uomo, è stato necessario l’intervento del comandante della stazione di Vignanello, che ha negoziato per ore per farlo desistere.

Dettagli emersi e quadro complessivo

La relazione tra Ene e la donna, iniziata a gennaio 2024, è stata da subito segnata da liti, minacce e violenze. Inizialmente, la donna aveva denunciato l’uomo, per poi ritirare la querela. Un carabiniere di Fabrica di Roma ha riferito che il ritiro è avvenuto alla vigilia di un’udienza al tribunale di sorveglianza, a seguito di minacce telefoniche dal carcere e pressioni da parte dei genitori di Ene. La denuncia descriveva Ene come incline all’alcolismo, al gioco d’azzardo e alla gelosia ossessiva, con controllo del cellulare e dei profili social della compagna. Tra febbraio e marzo 2024, Ene aveva sferrato un pugno al naso della donna, causandole un ematoma e richiedendo cure fisioterapiche.

Nonostante il divieto di avvicinamento e il braccialetto elettronico imposti dopo un periodo di detenzione, la coppia aveva ripreso a frequentarsi e convivere. La donna, sentita in udienza, ha ritrattato tutte le accuse, rischiando un processo per calunnia. Ene, con precedenti per droga, lesioni e furto, è nuovamente in carcere dal 26 luglio, accusato di omicidio preterintenzionale per la morte di Crisan, avvenuta durante una festa in famiglia a Fabrica di Roma.

Implicazioni e prospettive future

La vicenda di Dumitriel Daniel Ene solleva interrogativi sulla persistenza della violenza domestica e sulla necessità di misure più efficaci per proteggere le vittime. Nonostante gli interventi delle forze dell’ordine, le denunce e le misure restrittive, la spirale di violenza non si è interrotta, portando prima a lesioni gravi e maltrattamenti continui e poi alla tragica morte di Valentin Ionut Crisan. Il caso evidenzia le difficoltà nel contrastare la violenza di genere e sottolinea l’importanza di un approccio multidisciplinare che coinvolga forze dell’ordine, servizi sociali e supporto psicologico per le vittime e gli autori di violenza. Caption per post: Un uomo di 33 anni è stato condannato a cinque anni e mezzo per maltrattamenti e lesioni aggravate sulla compagna, già accusato di omicidio preterintenzionale del cognato.